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2015-03-31

Una creatura del folklore giapponese: Yuki-onna. 雪女の昔話です。


Questa è la storia di una creatura del folklore giapponese: "Yuki Onna" 雪女 (la donna della neve), uno spirito che si presenta sotto forma di donna con lunghi capelli neri, viso pallido e un kimono bianco indosso, nelle notti in cui imperversano bufere di neve e uccide gli incauti che rimangono bloccati nella tempesta. In molte storie, "Yuki Onna" uccide i viandanti congelandone il corpo con il suo respiro gelato, in altre si presenta con un bambino in braccio in cerca di aiuto, in altre ancora fa smarrire il sentiero ai viaggiatori lasciandoli morire assiderati. Nella maggioranza dei casi è vista come uno spirito maligno, forse quello di una donna morta di freddo che non riesce a trovare pace.
Nella storia che vi propongo, molto popolare in Giappone (e che ho tradotto), "Yuki Onna" grazia la sua vittima, un giovane contadino, e torna da lui sotto forma umana dopo un anno.
Il sito da cui ho preso il testo propone una versione audio recitata della storia, che vale la pena ascoltare.
http://hukumusume.com/douwa/pc/jap/01/22.htm


むかしむかしの、寒い寒い北国でのお話です。
C'era una volta un paese al nord molto molto freddo.
 あるところに、茂作(しげさく)とおの吉という木こりの親子が住んでいました。
 この親子、山がすっぽり雪に包まれる頃になると、鉄砲を持って猟に出かけて行くのです。
In quel luogo vivevano, in una vecchia capanna, Shigesaku e suo figlio Orokichi. Quando arrivava il tempo in cui le montagne stavano per essere ricoperte dalla neve, Shigesaku e suo figlio uscivano per andare a caccia e fare la legna. 
 ある日の事、親子はいつもの様に雪山へ入って行きましたが、いつの間にか空は黒雲に覆われて、吹雪(ふぶき)となりました。
 二人は何とか、木こり小屋を見つけました。
Un giorno, come al solito, padre e figlio erano usciti per recarsi sulla montagna quando, ad un certo punto, il cielo si riempì di nuvole nere e iniziò ad imperversare una bufera di neve. I due non sapevano come fare, ma videro una piccola capanna.
「今夜はここで泊まるより、仕方あるめえ」
「うんだなあ」
"Meglio ripararci qui per stanotte, è la cosa migliore."
"Certamente..." 
 チロチロと燃えるいろりの火に当たりながら、二人は昼間の疲れからか、すぐに眠り込んでしまいました。
 風の勢いで戸がガタンと開き、雪が舞い込んできます。
 そして、いろりの火がフッと消えました。
Mentre le fiamme del fuoco crepitavano nella stanza i due, che durante il giorno si erano affaticati, iniziarono subito a dormire.  Una folata di vento fece aprire la porta con un botto e la neve cominciò ad entrare nella stanza danzando. A causa di questo colpo di vento, il fuoco si spense.
「う~、寒い」
 あまりの寒さに目を覚ましたおの吉は、その時、人影を見たのです。
「誰じゃ、そこにおるのは?」
 そこに姿を現したのは、若く美しい女の人でした。
雪女!」
"Uhm... che freddo!" Il freddo fece aprire gli occhi ad Orokichi che, proprio in quel momento, si accorse di una figura umana nella stanza. "Chi va là? Chi sei?" La figura si mostrò ed era una bellissima donna. "Yuki Onna!"
 雪女は眠っている茂作のそばに立つと、口から白い息を吐きました。
 茂作の顔に白い息がかかると、茂作の体はだんだんと白く変わっていきます。
 そして眠ったまま、静かに息を引き取ってしまいました。
 雪女は、今度はおの吉の方へと近づいて来ます。
Yuki Onna stava in piedi vicino a Shigesaku addormentato e dalla sua bocca usciva una nuvola di fiato bianco. Il volto di Shigesaku era investito da quel respiro e il suo corpo stava diventando sempre più bianco. E così, mentre dormiva tranquillamente, Shigesaku morì. Yuki Onna si stava avvicinando lentamente a Orokichi.
「たっ、助けてくれー!」
 必死で逃げようとするおの吉に、なぜか雪女は優しく言いました。
「そなたはまだ若々しく、命が輝いています。
 望み通り、助けてあげましょう。
 でも、今夜の事をもしも誰かに話したら、その時は、そなたの美しい命は終わってしまいましょう」
"Ferma! Risparmiami la vita!" disse Orokichi mentre cercava disperatamente di scappare. Yuki Onna gli parlò gentilmente. "Sei ancora molto giovane, la tua è una splendida vita. Come hai desiderato, ti risparmierò. Però nel caso tu dovessi parlare a qualcuno di ciò che è successo questa notte, metterò fine a questa tua vita."
 そう言うと雪女は、降りしきる雪の中に吸い込まれ様に消えてしまいました。
 おの吉は、そのまま気を失ってしまいました。
 やがて朝になり目が覚めたおの吉は、父の茂作が凍え死んでいるのを見つけたのです。
それから、一年がたちました。
Dicendo così, Yuki Onna sparì in una nuvola di neve. Orokichi perse conoscenza. Quando aprì gli occhi era mattino e accanto a lui c'era il padre morto congelato.
Da quel giorno passò un anno. 
 ある大雨の日、おの吉の家の前に一人の女の人が立っていました。
「雨で、困っておいでじゃろう」
 気立てのいいおの吉は、女の人を家に入れてやりました。
 女の人は、お雪という名でした。
Un giorno, durante un acquazzone, davanti alla casa di Orokichi c'era una donna tutta sola. "Sta piovendo, vieni a ripararti...". Essendo un uomo gentile, Orokichi fece entrare in casa la donna il cui nome era Oyuki.
 おの吉とお雪は夫婦になり、可愛い子どもにも恵まれて、それはそれは幸せでした。
 けれど、ちょっと心配なのは、暑い日差しを受けると、お雪はフラフラと倒れてしまうのです。
Orokichi e Oyuki si sposarono ed ebbero degli adorabili bambini. Tutto continuava ad andare per il meglio. Succedeva però qualcosa di preoccupante a volte. Durante i giorni caldi, ad Oyuki capitava spesso di svenire.
 でも、やさしいおの吉は、そんなお雪をしっかり助けて、仲良く暮らしていました。
そんなある日、針仕事をしているお雪の横顔を見て、おの吉はふっと遠い日の事を思い出したのです。
Però, veniva subito salvata dal suo amorevole marito, e così potè vivere a lungo. Un giorno, mentre guardava il volto di Oyuki che stava cucendo, Orokichi si ricordò di quel giorno ormai lontano.
「のう、お雪。わしは以前に、お前の様に美しいおなごを見た事がある。
 お前と、そっくりじゃった。
 山で、吹雪にあっての。
 その時じゃ、あれは確か、雪女」
 すると突然、お雪が悲しそうに言いました。
"Sai, Oyuki...tanto tempo fa mi sono trovato di fronte ad una bellissima donna che ti somigliava molto. Ero in montagna e c'era una bufera di neve. Lei era Yuki Onna." Oyuki divenne subito triste e parlò:
「あなた、とうとう話してしまったのね。あれほど約束したのに」
「どうしたんだ、お雪!」
 お雪の着物は、いつのまにか白く変わっています。
 雪女であるお雪は、あの夜の事を話されてしまったので、もう人間でいる事が出来ないのです。
"Tu non avresti dovuto dire questa cosa. Hai infranto la promessa!" "Cosa dici, Oyuki!" Improvvisamente il kimono che Oyuki indossava divenne bianco. Oyuki era Yuki Onna che non poteva più conservare la sua forma umana a causa della parole di Orokichi.
「あなたの事は、いつまでも忘れません。
 とても幸せでした。
 子どもを、お願いしますよ。
 ・・・では、さようなら」
 その時、戸がバタンと開いて、冷たい風が吹き込んできました。
 そして、お雪の姿は消えたのです。
"Non hai ancora dimenticato quesa cosa. Eravamo così felici. Prenditi cura dei nostri figli. Addio."
Dicendo così, la porta si aprì sbattendo e da quel momento Yuki Onna sparì per sempre nel vento confondendosi con la neve.

Essendo molto popolare, questa storia ha ispirato film e racconti di ogni genere. Citata nel famosissimo libro di Lafcadio Hearn "Storie di spettri giapponesi" è presente anche nella trasposizione cinematografica "Kwaidan" (film del 1964).




2015-03-30

Comunicare senza le parole: la gestualità giapponese. 日本のジェスチャーについて話しましょう!

Esiste tutta una sfera della comunicazione che prescinde dall'uso della parola. E' il linguaggio dei gesti, quello non verbale, che ci consente di farci capire (più o meno) in situazioni in cui non possiamo interagire con il nostro interlocutore usando il mezzo più diretto, la parola. Il corpo comunica per noi: le espressioni del viso, il movimento delle mani, l'inclinazione della testa. Pur essendo considerato un "linguaggio universale" non è sempre così. In realtà questo tipo di interazione è diverso a seconda del paese in cui ci si trova, e dà luogo a fraintendimenti che, in molti casi, sono assai divertenti. Per quanto riguarda il Giappone, il linguaggio dei gesti è molto vario e colorito. Nel mondo dei manga e degli anime esso è portato sovente all'esasperazione per rafforzare l'impatto comunicativo, ed è così filtrato anche da noi. Come molti giapponesi mi hanno detto, noi italiani siamo un popolo che gesticola molto, ed è vero. Abbiamo un modo di parlare concitato, che spesso viene accompagnato dal movimento delle mani e del corpo. In Giappone è diverso, tutto è molto più discreto e composto e bisogna fare attenzione a non fraintendere alcuni gesti che, nella nostra cultura, hanno un significato diverso o non esistono affatto. Un libro molto carino che si chiama "70 Japanese Gestures" ("日本のしぐさ 70選") è un esempio di come possa essere varia e divertente la gestualità giapponese:



Nelle foto che vedete sulla copertina del libro, ad esempio, da sinistra: "Manbiki" まんびき cioè taccheggiatore, ladruncolo. E' un gesto che in occidente, significa "Vieni qui" e che non ha nulla a che vedere con i ladri. Di fianco abbiamo "Okanmuri!" おかんむり! che sta a rappresentare qualcuno molto arrabbiato. Si puntano gli indici delle mani verso l'alto ai lati della testa, mimando le corna di un demone. Non si usa per se stessi, e di solito colei che è arrabbiata è la moglie di uno che ha combinato un guaio! Noi non usiamo questo tipo di immagine per evocare un demone, ma nel caso giapponese sta ad indicare il famoso "Oni" (vedi articolo su Setsubun).
Nel tondo c'è "Busu"ブス che, premendo leggermente con l'indice la punta del naso, mimando il musetto di un maiale, sta ad indicare "Brutto, sporco". E' poco carino dirlo, ma si riferisce quasi sempre ad una donna non molto attraente, diciamo così! Nell'ultimo riquadro "Yubikiri" ゆびきり ovvero incrociare i mignoli suggellando una promessa. I bambini sono soliti fare così, cantando una canzoncina che intima a chi infrangerà la promessa la punizione di ingoiare mille aghi. Nel codice della Yakuza (la mafia giapponese) chi infrange una promessa è costretto a tagliarsi il dito mignolo.


"Itadakimasu" いただきます! che già conosciamo, significa "Buon appetito"! Questo è il gesto che si fa quando si inizia un pasto o anche quando lo si è consumato, usando la formula "Gochisosama Deshita" ごちそうさまでした ovvero "Grazie per il pasto". Si uniscono i palmi delle mani e si china leggermente la testa in avanti.
Questo gesto, in occidente, è associato alla preghiera. Anche "Onegai!" おねがい che vedete qui a destra indica, in un certo senso, una preghiera. E' un gesto usato per dire "Ti prego! Per favore!" in modo cortese, oppure anche "Gomen!" ごめん che invece significa "Scusami!".
Per indicare se stessi, ovvero "Watashi" わたし, si punta il dito indice verso il proprio naso. In occidente, invece, ci si tocca il torace per indicare se stessi. Non è considerato maleducato, in Giappone, indicare cose o persone puntando il dito indice verso di esse, cosa che invece in occidente è considerata poco carina e si insegna ai bambini a non fare.

"Nattoku!" なっとく ovvero colpire con un pugno il palmo della mano aperta, in occidente (e anche da noi) significa "Vuoi fare a pugni?", in Giappone ha il senso opposto, significa "Sono d'accordo!" e anche "Bella idea!", quindi ha un'accezione totalmente fraterna e positiva! Se qualcuno dovesse rivolgere a voi questo gesto durante una discussione, magari di lavoro, non aggreditelo, mi raccomando!


Diverso dal nostro è anche il modo di contare con le dita "Kazoe kata" かぞえかた.
In occidente, di solito, indichiamo il numero uno con il pollice, due con l'indice e usiamo due mani per i numeri dal cinque in poi. Questo invece è il modo di contare giapponese, tutto diverso.




Mostrare il palmo della mano aperta al proprio interlocutore, tenendola ferma, è "Aspetta un attimo, per favore", che in giapponese si dice "Chotto matte Kudasai" ちょっとまってください . In occidente si può usare il solo dito indice oppure la mano aperta. Questo è un gesto che raramente viene frainteso, anche perchè da noi si usa anche al posto di "Alt" o "Stop" che non cambia essessivamente il senso di ciò che si sta cercando di comunicare.
Non ci appartengono invece, i due seguenti, che siamo però abituati a vedere nei manga e negli anime. Sono "Kareshi" かれし (pollice verso l'alto) e "Kanojo" かのじょ (mignolo verso l'alto), gesti della mano che indicano, rispettivamente, "Boyfriend" e "Girlfriend". Vengono usati esclusivamente tra uomini e più che un fidanzato o una fidanzata, ammiccano all'idea di "trovarsi insieme all'amante".









Utilizzato anche qui invece è "Warau" 笑う cioè "Sorridere". Si nasconde la bocca con la mano in maniera giocosa nell'atto di sorridere.


In Giappone questo gesto è anche relativo ad una forma di timidezza. Mostrare i denti non era considerato educato in passato e si diceva che le donne che lo facevano non trovavano marito. E' rimasta questa forma di riservatezza anche per un fattore estetico: ci si copre la bocca mentre si ride anche per nascondere qualche imperfezione ai denti! La risata fragorosa, più tipica di culture come la nostra, è diffusa anche in Giappone, ma più che altro tra il popolo maschile.
Infine, due gesti che indicano gioia: "Banzai" ばんざい parola conosciutissima anche da noi, che è simile a "Hip Hip Hurrà" che si urla per augurare buona fortuna e felicità, con i palmi delle mani rivolti verso il cielo e le braccia leggermente piegate (le braccia tese, nella stessa posizione, sono segno di resa). In occasione di una vittoria sportiva, di un successo nello studio, o quando c'è qualcosa da festeggiare, "Banzai" è appropriatissimo:


Altro gesto allegro è "Piisu!" "ピース" traduzione dell'inglese "Peace!"


onnipresente in ogni foto di qualsiasi giapponese che si rispetti! Non significa in sè per sè "Pace", ma "E' tutto ok, tutto a posto". L'equivalente di questo gesto ricorda lo slang dei surfisti, è "Hang Loose" molto diffusa in occidente ma che in Giappone, invece non viene utilizzata.


Come accennato prima, anche la lingua italiana è ricca di gesti che comunicano al posto delle parole e ce ne sono alcuni che ci identificano proprio come popolo (ho trovato questa divertente tabellina cercando sul web, è solo una di una lunga serie...) :


Basta uno sguardo per capire che sono molto diversi da quelli giapponesi. C'è anche una gran quantità di "gestacci", chiamiamoli così, che ci identificano come gente assai colorita ma che non riporterò in questa sede! Non ci appartengono movimenti come l'inchino (quasi esclusivamente usanza giapponese), il chinare la testa ma, nonostante le diversità culturali, siamo in grado di farci capire lo stesso e comunicare tra noi tramite un linguaggio che trascende le parole.


2015-03-29

In giro per Kyoto: Ginkaku-ji e Kinkaku-ji. ぜひ京都を現物されるようおすすめします!銀閣寺と金閣寺において話しましょう!

Ci sono due templi a Kyoto che sono tappe obbligatorie e, nonostante siano sempre molto affollati, non si può lasciare la città senza averli visti. Sto parlando del Ginkaku-ji (銀閣寺) meglio conosciuto come "Padiglione d'argento" e il Kinkaku-ji (金閣寺) ovvero il "Padiglione d'oro".

Ginkaku-ji

Costruito nel 1482 come residenza dello Shogun  Ashikaga Yoshimasa, il Ginkaku-ji (銀閣寺 . I kanji che compongno il nome di questo tempio sono: "Gin" "Argento" "Kaku" "Palazzo" e "Ji" "Tempio Buddhista") sorge su una collina dalla quale si gode una splendida vista della città. Circondato da giardini zen ornati di stupendi pini, era stato concepito come rifugio tranquillo dai disordini della Kyoto di quel tempo etrasformato in tempio buddhista alla morte dello Shogun. L'aria che si respira infatti, è quella di un luogo appartato e quieto. Immaginarlo ricoperto d'argento (così come era nel progetto originale che non fu mai portato a termine) gli conferisce il tocco finale, ma anche così come si presenta ora conserva un'aura affascinante che lo rende indimenticabile. Purtroppo per me, quando sono andata a vederlo, il padiglione era chiuso per restauro (come si vede dalla foto), ma ho potuto immortalare diverse sfaccettature di questo luogo incantato, percorrendo tutto il sentiero che lo circonda e che si inerpica sulla collina (cosa che consiglio vivamente di fare).

Giardino del Gingaku-ji

Panorama di Kyoto



Per entrare si paga un biglietto di 500 Yen, vi verrà consegnato un opuscolo informativo sul tempio che contiene notizie riguardo all'interno del padiglione e ai giardini.

Biglietto d'ingresso al Ginkaku-ji

Il Ginkaku-ji si raggiunge in autobus (il numero 5 dalla Kyoto Station). Nell'albergo nel quale alloggerete o al Tourist Information Center presso la stazione centrale di Kyoto, vi daranno una mappa con gli orari degli autobus molto dettagliata e vi spiegheranno come arrivare.

Mappa degli autobus di Kyoto

Non è difficile prendere l'autobus anche se non parlate giapponese, non spaventatevi. Basta contare le fermate oppure concentrarsi sugli annunci o sulle scritte che annunciano la fermata a cui si sta arrivando. Inoltre gli autisti sono gentili con gli stranieri. Ricordate che in Giappone, quando si sale sull'autobus, si paga subito inserendo le monetine nella macchinetta situata accanto all'autista.
Per raggiungere un altro sito di grande fascino e interesse (forse il più appariscente di tutta Kyoto), dovrete prendere l'autobus 205 che parte dalla Kyoto Station. Sto parlando del famosissimo "Padiglione d'oro" ovvero il "Kinkaku-ji" (金閣寺. I kanji che compongono il nome del tempio sono: "Kin" che significa "Oro" "Kaku" come visto prima, è "Palazzo" e "Ji" "Tempio buddhista").
Ciò che impressiona (ed è un termine riduttivo) al primo sguardo è che il Kinkaku-ji brilla. Esso è, infatti, completamente ricoperto d'oro.

Kinkaku-ji



Ciò che ci si chiede, appena ci si trova al cospetto di questa impressionante meraviglia, è se sia vero oppure no. L'idea che da è quella di una specie di apparizione. L'oro che lo ricopre si specchia sul laghetto creando un perfetto duplicato che fa perdere il senso delle dimensioni. A parte il vociare dei turisti meravigliati non c'è altro suono tutto intorno. Il Kinkaku-ji non è visitabile, e l'unica prospettiva che si può cogliere di esso è quella che vedete sulle foto. Il fatto che sia lontano, inavvicinabile, che non si possa toccare con mano, gli conferisce un alone di mistero che lascia senza fiato. Conoscere la sua storia lo renderà ancora più attraente. Costruito nel 1397 dallo Shogun Ashikaga Yoshimitsu come villa privata, fu trasformato in tempio da suo figlio. Inizialmente soltanto la parte superiore era ricoperta d'oro. Nell'estate del 1950 il giovane monaco Hayashi Yoken mise fine all'ossessione maturata per questo tempio dandolo alle fiamme nel tentativo di distruggere se stesso e l'oggetto del proprio desiderio. La vicenda è narrata nel libro di Yukio Mishima del 1956 intitolato, appunto "Il padiglione d'oro". Nel 1956 fu construita una copia esatta del Kinkaku-ji che fu interamente ricoperta d'oro. Sapere che qualcuno possa essere rimasto catturato dalla bellezza di questo edificio al punto tale da volerlo annientare in modo da non doverlo condividere con nessuno, non ne aumenta il fascino? Avendo letto il libro, ho provato a guardarlo anche sotto quel particolare punto di vista e, in effetti, il Kinkaku-ji provoca in chi lo guarda un senso di attrazione molto forte. Tutto intorno ci sono dei giardini e un sentiero che fa il giro del terreno attorno al quale sorge il tempio. Ci sono delle cascate artificiali e dei laghetti e un piccolo santuario dedicato al dio del fuoco.
Santuario del dio del fuoco

C'è anche una piccola casa da tè, situata accanto al negozio di souvenir, ma purtroppo non sono riuscita ad entrare perchè era veramente molto affollata!


Opuscolo informativo multilingue!

Dopo aver letto questo articolo e guardato le foto, credo converrete con me che non includere queste due tappe nel vostro soggiorno a Kyoto sarebbe un peccato. Perdereste due costruzioni che raccontano quella storia del Giappone che è propria della città di Kyoto, della sua atmosfera, della ricchezza (anche ostentata, se vogliamo) sempre ammantata di grande spiritualità.
Di seguito vi elenco alcuni link utili: lo sportello informazioni della Kyoto Station, un sito dove è scaricabile la mappa degli autobus e gli orari, e due siti che parlano del Kinkaku-ji e del Ginkaku-ji gestititi dalla JNTO (Japan National Tourist Organization).

http://www.jnto.go.jp/eng/location/spot/tic/kyoto.html
http://www.insidekyoto.com/kyoto-buses
http://www.jnto.go.jp/eng/location/spot/shritemp/kinkakuji.html
http://www.jnto.go.jp/eng/location/spot/shritemp/jishoji.html

2015-03-27

L'arte dello Shodo, o della calligrafia giapponese. 書道について話しましょう!


Un esempio di calligrafia Shodo eseguito da uno studente.

Oggi vorrei parlare di "Shodo"しょどう 書道, ovvero l'arte della calligrafia giapponese. Come potete vedere dal kanji stesso, formato da "Sho-Kaku" che significa scrivere e "Dou-michi" che significa via, strada, insegnamento, lo "Shodo" è proprio la "via della scrittura", l'arte, l'apprendimento.
Gli ideogrammi in uso in Giappone provengono dalla Cina, e anticamente il loro scopo era soltanto di tipo pratico, finalizzato all'uso quotidiano della lingua stessa. Man mano che la cultura iniziò a svilupparsi come trasposizione del senso estetico e di una sfera diversa da quella materiale, anche l'uso degli ideogrammi si modificò e si affinò una tecnica, detta appunto Shodo, che dava forma al senso estetico di ognuno attraverso una ricerca del bello nella scrittura, imponendo delle regole che fossero in grado non solo di disciplinare la tecnica della scrittura stessa, ma anche lo spirito.
Mentre si procede con lo studio degli ideogrammi, della loro natura e si impara il modo corretto per scriverli attraverso gli esercizi e il corretto utilizzo delle attrezzature usate per lo Shodo, si accresce la virtù e si eleva lo spirito. Scrittura che diventa arte e che si tramanda attraverso la disciplina di maestri dello Shodo che si avvalgono di stumenti indispensabili alla realizzazione di un corretto esercizio di calligrafia e che sono:

Gli strumenti utili: da destra Fude, Sumi, Suzuri, Hanshi e Shitajiki

- il pennello ("Fude" ふで ) che va usato come una appendice del braccio, non della sola mano, tenuto in posizione verticale, perpendicolare al foglio. Nello Shodo è importante non utilizzare soltanto il movimento del polso (come siamo abituati a fare nel nostro modo di scrivere), ma quello dell'intero braccio, tenendo la schiena dritta senza piegarsi sul foglio. Noi occidentali incontriamo parecchie difficoltà nel "piegare" le nostre abitudini posturali proprio perchè siamo abituati ad uno stile di scrittura e di gestualità completamente differente. I pennelli possono essere di di diverse misure.
- l'inchiostro ("Sumi" すみ , notare che nella parte superiore di questo kanji è contenuto "Kuro", ovvero "Nero", che abbiamo già analizzato...) che si presenta sotto forma di un bastoncino nero solido che si ottiene impastando fuliggine e colla e che si liquefà utilizzando uno speciale accessorio adatto a questo scopo ovvero il "Suzuri" (すずり ) una speciale pietra per l'inchiostro che, come vedete dalla foto sopra, ha un avvallamento in corrispondenza di uno dei due lati corti, in cui si mette dell'acqua e, bagnando leggermente il Sumi e strofinandolo con vigore sulla parte piatta, fa in modo che l'acqua diventi inchiostro. Per ottenere la giusta tonalità dell'inchiostro occorre ripetere questa operazione per circa una ventina di minuti. Anche questa parte ha la sua importanza. Occorre pazienza e disciplina, si può sfruttare questo tempo utile a preparare l'inchiostro per astrarre la mente, congiungersi con l'ideogramma che si sta per disegnare e il pensiero che esso suggerisce. I giapponesi dicono che ogni ideogramma possiede un'anima e che, per realizzarlo alla perfezione, occorre entrare in contatto con l'anima stessa di ciò che si sta rappresentando.


- il supporto di feltro su cui si appoggiano i fogli di carta di riso ("Hanshi" はんし 半紙), che si chiama "Shitajiki" したじき下敷, parola composta da "Shita" a sinistra, che significa sotto, e "Shiki" che significa invece appoggiare, installare. Lo shitajiki è importante perchè funge da sostegno alla carta, che è molto leggera, la trattiene in modo da poter tenere libera la mano che non si usa per scrivere e non doverla impegnare a sostenere il foglio.
In questa sequenza di immagini vi mostro la realizzazione del kanji "Ei" che significa "Eternità" usato come esempio durante una dimostrazione di calligrafia Shodo tenuta da una maestra giapponese. (La dimostrazione è stata organizzata dall' Associazione culturale "Appare")





Da notare in queste immagini la corretta impugnatura del pennello, tenuto sempre perpendicolare al foglio, la mano ferma è indispensabile ovviamente. Le linee devono essere nette e decise, nello Shodo non è contemplata la parola "correggere". Se non si è soddisfatti del risultato, frutto anche di ore di allenamento, si ricomincia e si butta via ciò che si è sbagliato. Non occorre avere fretta nell'esercitare l'arte della calligrafia, bisogna imparare ad esercitare la giusta pressione del pennello sul foglio, ad utilizzare la giusta quantità di inchiostro, insomma, occorre sporcarsi un pò le mani e concentrarsi su ciò che si sta facendo. Per scrivere correttamente un ideogramma occorre tener presente un ordine fisso nello scrivere i vari tratti che lo compongono. E' una regola che vale non solo per lo Shodo, ma anche nella normale scrittura dei Kanji, di Hiragana e Katakana. Senza questo ordine non sarà possibile ottenere alcun risultato e la scrittura non risulterà corretta. Nella dimostrazione a cui ho partecipato, come vedete, molti sono stati i tentativi, alcuni dei quali andati a buon fine altri un pò meno! Ma non bisogna arrendersi, fa parte del percorso per diventare "maestri di calligrafia"!


2015-03-26

Riscaldarsi in Giappone: il Kotatsu. 火燵について話しましょう!

Kotatsu
Cosa che forse non tutti sanno è che in Giappone, anche attualmente, non esiste in riscaldamento centralizzato per la maggior parte delle abitazioni. Partendo di base da una concezione di case di legno, che sfruttavano le capacità isolanti di questo materiale, il riscaldamento degli ambienti è sempre stato concepito come ruotante intorno ad un unico ambiente in cui tutta la famiglia si riuniva, attorno ad un focolare, soprattutto nelle antiche case di campagna.

Antica "Minka" o residenza di campagna

Molti degli appartamenti esistenti oggi in Giappone sono costituiti infatti da una sola stanza, con il pavimento rivestito da "Tatami" (stuoia di paglia, bordata da una striscia di tessuto, che di solito misura 1,80 m di lunghezza per 0,90 di larghezza e che ricopre il pavimento, isolandolo termicamente) in cui si vive e si dorme, e dal bagno. Non essendo dotati di termosifoni centralizzati, questi appartamenti sono spesso scaldati da stufette elettriche o condizionatori di aria calda e fredda (エアコン), suffucienti a irrorare calore in tutto l'ambiente o a rinfrescarlo d'estate. La concezione di stare tutti intorno ad una fonte di calore situata al centro della stanza, è alla base di ciò di cui vorrei parlare oggi, il "Kotatsu" こたつ 火燵  (i kanji che compongono questa parola sono "Fuoco" a sinistra e "Scaldapiedi" a destra) , tradizionale impianto di riscaldamento composto da un tavolino basso rotondo o quadrato nella cui parte sottostante viene applicata una resistenza elettrica (anticamente un coccio contenente brace) e ricoperto da una coperta o un futon.


Attorno al Kotatsu vengono sistemati dei cuscini ("Zabuton" ざぶとん 座布団) sui quali ci si siede e, coprendosi la parte inferiore del corpo, questa si riscalda e la parte superiore rimane fuori. E' infatti molto salutare che le gambe stiano al caldo, e la testa sia fredda.  La coperta pesante o il "Futon" ふとん 布団 (trapunta) hanno la funzione di trattenere il calore e mantenere confortevolmente tiepide le gambe e i piedi. Nonostante le case giapponesi si siano modernizzate, il Kotatsu è ancora molto usato innanzitutto perchè è una fonte di calore, ma anche perchè durante l'inverno le famiglie si riuniscono intorno ad esso a guardare la tv, prendere un tè, mangiare, fare qualsiasi cosa.  In commercio se ne trovano di tutti i tipi. I cuscini possono essere sostituiti da sedute con lo schienale per un maggiore confort e per un appoggio alla schiena, le dimensioni possono variare a seconda dello spazio e delle esigenze e così anche il "tema" della coperta o dei cuscini e i materiali utilizzati:

Moderno Kotatsu con poltroncine





Grazie al calduccio che crea e che diffonde in tutto l'ambiente, il Kotatsu è ideale anche per schiacciare un pisolino (un pò meno per dormire, vista la presenza di una resistenza elettrica a poca distanza dalle gambe...) quando fuori fa freddo! Anche nei manga e negli anime compare spesso il Kotatsu:



Come Doraemon, i gatti e gli altri animali domestici amano molto rifugiarsi sotto la coperta del Kotatsu, trovando un ambiente confortevole per i loro pisolini. Vorrei anche io averne uno a casa, sono sicura che potrei passarci giornate intere!





2015-03-25

Un kanji al giorno! Curiosità sulla frutta! 今日の漢字です!果物が好きです!

Parliamo della frutta, alimento consumato con moderazione dai giapponesi. Siamo abituati, data anche la produzione del nostro paese, ad un modo diverso di concepire la frutta: la compriamo nei supermercati, al mercato, dal fruttivendolo, la pesiamo al chilo, la vediamo sistemata in cassette, la paghiamo un prezzo equo, a volte pochissimo. In Giappone non è così. Troverete la frutta venduta ad unità, ad un prezzo non molto economico, però confezionata in maniera assolutamente Kawaii, avvolta in retine di protezione o plastica colorata, lucida, perfetta. Troverete confezioni di fragole incartate alla perfezione, come se fossero finte, tutte delle stessa grandezza e brillanti come gioielli. Regalare la frutta è usanza soprattutto ai malati o quando si va a fare visita a qualcuno, è considerato quindi, un alimento di grande pregio in quanto ne sono apprezzate le qualità nutritive e salutari, oltre al gusto.

Personalmente sarei contenta di ricevere delle fragole così confezionate!


Negozio di frutta, Shibuya

Come potete notare c'è anche il famigerato cocomero quadrato, comune in Giappone, anche se abbastanza costoso. Ho dovuto fotografare assolutamente questo negozio situato al piano terra di un centro commerciale a Shibuya, che vendeva solo frutta. Avreste comprato tutto, ve lo assicuro!
"Frutta" in giapponese si dice "Kudamono" くだもの 果物 . Lo stesso kanji si legge anche "Kabutsu". Come nel caso delle verdure, anche per la frutta molti nomi si trovano comunemente scritti in Hiragana o Katakana, in quanto traslitterazioni dall'inglese.
Ad esempio, "Banana" si scrive バナナ e si pronuncia esattamente "banana", stessa pronuncia anche per "Mango" マンゴ  , per "Meron"メロン (ricordiamo che in giapponese non si pronuncia la consonante "L" che suona come "R"), "Kaki" カキ e "Orenji" オレンジ.
"Mela" si dice "Ringo" りんご 林檎  parola formata dai kanji di "Hayashi-Rin" che abbiamo già visto e che significa boschetto e "Kin-Go" che significa invece mela. "Pesca" si dice "Momo" もも , "Fragola" si dice "Ichigo" いちご , "Cocomero" invece si dice "Suika" (frutto molto amato dai giapponesi per le sue proprietà dissetanti e rinfrescanti contro la calura estiva) すいか スイカ 西瓜, parola formata da "Su-Nishi" che significa "Ovest" o indica anche la "Spagna" e "Ka" che significa "Melone": il cocomero è, in pratica, un melone che viene dall'Ovest, probabilmente importato dagli spagnoli.
Altro frutto molto amato dai giapponesi e offerto spesso in dono negli altari domestici soprattutto nel periodo di capodanno, è il mandarino, ovvero "Mikan" みかん 蜜柑. I kanji che compongono la parola sono "Mitsu" che significa "nettare, miele" e "Kan", che significa "agrume" quindi, un agrume dolce.

Decorazione di capodanno

Molto amate sono anche le ciliegie, che in giapponese si chiamano "Sakuranbo" さくらんぼ. Anche se si trova solitamente scritto in kana, il kanji è 桜ん坊, parola che contiene il kanji di "Sakura" che ben conosciamo e "Bou" che significa "sacerdote". Concludiamo la nostra carrellata dolcissima con un frutto dal sapore aspro ma dall'aspetto bellissimo. Sto parlando della melagrana, che in giapponese si chiama "Zakuro" ざくろ 柘榴, i cui kanji significano rispettivamente "Mora selvatica" e "Melograno". Per finire, 果物屋 è il "Negozio di frutta" non necessariamente inteso come il nostro fruttivendolo! Come avete visto dalla mia foto, la frutta ha un trattamento speciale in Giappone. Famosi, oltretutto, sono i Bonsai di albero da frutto, sono meravigliosi, delicati e curati con molta attenzione ma, quando fruttificano, regalano miniature dall'aspetto strabiliante.



Bonsai  Zakuro

Bonsai Mikan